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Tirelli: perché non fate benchmark?

Anche in Italia può accadere, però, di scoprire delle eccellenze.
Tirelli: perché non fate benchmark?

Giugno 2016. Luigi Rubinelli mi ha concesso lo spazio e ne approfitto per affrontare un secondo punto: l’importanza della qualità dell’ortofrutta nella scelta di un supermercato. Lo farò … fortiter in re, suaviter in modo.
 
Credo, grazie agli articoli su Retailwatch dello scorso anno, di aver cumulato tra i buyer del settore un tasso di antipatia, a cui poco può aggiungersi con quel che dirò. In primis, la qualità dell’ortofrutta offerta dalla moderna distribuzione Italiana è prevalentemente di qualità medio-mediocre. Per dirlo bisogna averne assaggiato di buona ed eccellente. Ovviamente il riferimento è agli USA, la patria dell’università di Davis e della sua prestigiosa facoltà di Agraria. Là si mettono a punto le migliori varietà che poi conquistano il mondo. Ma l’America è grande e tra chi ne parla c’è chi ha percorso 50mila km su e giù per la 5th Avenue e chi invece li ha percorsi, on the road, mangiando nelle fiere e nei supermercati e nei farmer markets di tante città e cittadine in mezzo al nulla.
 
Ne discende che, se non si sono assaggiate le ciliegie Rainer da 25° Brix, è difficile percepire cos’è davvero la bontà. Lo stesso accade per le albicocche texane Hunza da 30° Brix. Oppure per i mango indiani Kesar con 17° Brix e una palette aromatica fantastica e potrei fare tante altre citazioni.  
 
Anche in Italia può accadere, però, di scoprire delle eccellenze. L’anno scorso mi hanno segnalato le pesche di una partita a marchio Gog De Magog (370-400 gr ciascuna, 16° Brix, vedi foto), pensate!, rifiutate dalle grandi catene perché ritenute fuori mercato e vendute da uno specialista di frutta … a 1,98 € al Kg!!!. Ovviamente ne ho acquistate tante quante ne avrei potuto consumare ed è stata un’esperienza memorabile e purtroppo irripetibile. Egualmente fugace è stata quella con dei meravigliosi ciliegini CASTELLANINA, altrettanto incompresi dalle big boxes.
 
Bene. Questo è il problema: il concetto di top-benchmark è estraneo ai nostri retailer o li spaventa. Ma è solo facendo conoscere il meglio ai clienti-consumatori che si può vendere anche tutto quel che sta sotto!  È l’offerta che crea la domanda! Cosa credete che sappia di prezzi e di qualità di ortofrutta un individuo nato e cresciuto nei quartieri delle nostre città? Cosa può rispondere se non sa dare un nome ad una fragola o a prugna che per lui è semplicemente gialla, rossa o nera? Cosa può dire se non gli è nemmeno permesso di assaggiare, in un supermercato, un chicco dell’uva che dovrebbe comprare?
 
Un cliente di una qualunque catena Americana, compresa Costco, viene continuamente esposto ai demo, una tecnica invalsa, anche nel libero servizio, … da sempre. Il Team Leader di un Whole Foods di Chicago ci ha detto che le vendite con assaggio per i prodotti innovativi e di alta qualità possono essere 10 volte quelle normali senza dimostrazione. Certo è che poi bisogna mantenere la promessa, cioè assicurarsi che tutta la merce esposta sia della stessa qualità, che non sia “stanca”, che non vengano messi in atto i trucchetti che potrei documentare in decine e decine di casi reali.
 
Che faccio Luigi, … proseguo?
 
NDD: Risposta in diretta, certo, perché no?
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